Maria Elena Basso

No!
No, io non volevo diventare matrigna, non volevo diventare la cattiva di turno.
Sapevo bene cosa voleva dire essere matrigna, l’avevo provato sulla mia pelle con la moglie di mio padre.
No e poi no! Non sarei stata matrigna.
Questo è stato l’inizio della mia avventura, perché tale è stata, con quella che oggi è la mia famiglia allargata.
All’inizio di tutto, mi sono trovata catapultata dentro un insieme di persone disperate e io più disperata di loro.
Tralascerò il come ci siamo ritrovati tutti insieme sotto lo stesso tetto per non dilungarmi troppo. Vi basti solo sapere che l’insieme di tutti noi era il quadro perfetto della… disperazione.
Il nostro nucleo ‘familiare’ era costituito da due cuccioli di 4 e 7 anni, confusi e addolorati perché la loro mamma non era più sempre con loro (mio marito era affidatario dei figli); da un uomo distrutto e smarrito nella sua identità di marito e di padre; da una giovane colf (beh, non poteva mancare la ciliegina sulla torta!) anche lei con un recentissimo passato di dolore dopo essere stata abbandonata all’altare.
E infine io, che avevo lasciato il tetto coniugale, dopo aver cercato in tutti i modi di recuperare il mio matrimonio e ne ero uscita a pezzetti. E naturalmente senza marito!
Insomma, un vero lazzaretto: non si salvava davvero nessuno in casa nostra.
A coronamento di tutto questo disastro di vite incrociate e ammaccate, c’era il lavoro. In quegli anni, infatti, sia io che mio marito, lavoravamo sugli aeroplani, io come assistente di volo, mio marito come comandante. Questo, come è facile immaginare, significava stare fuori casa diversi giorni.
Quando io rientravo dal volo, se il papà era a casa allora i bambini restavano con noi, altrimenti ‘svampavano’ all’istante, in una eterna migrazione tra casa della mamma quella dei nonni materni e casa nostra.
Così, se da una parte ero sollevata perché non volevo fare la matrigna, dall’altra mi procurava un dolore immenso assistere a quella continua transumanza di anime e constatare quanto le ‘altre’ famiglie non mi dessero nessuna fiducia. E naturalmente neppure i bambini. D’altra parte come avrebbero potuto?
Sono dovuti passare molti anni e molte, molte esperienze sulla pelle di ognuno di noi perché ci sentissimo se non proprio una famiglia almeno un ‘nucleo di affetti’.
Io sono scesa dagli aeroplani alcuni anni fa e questo certamente ha aiutato i nostri rapporti e le nostre relazioni.
Ho fatto un lungo lavoro su me stessa, passando per tutte le crisi che potete immaginare.
Non saprei dire se questo mi ha reso più forte, certamente mi ha reso più consapevole e mi ha insegnato davvero tanto sull’animo umano e sulla capacità di evolvere di ciascuno di noi.
Sono caduta tante volte, ho sbagliato tanto ma mi sono sempre risollevata e ho cercato di correggere il tiro continuamente e sono altrettanto certa di aver donato ai ‘miei’ ragazzi una parte importante della mia vita. Sì perché oggi sono i ‘miei’ ragazzi.
Continuiamo ad avere i nostri alti e i nostri bassi, come tutte le famiglie, allargate o meno. Ma oggi tra di noi esiste una sottile intesa e una serena armonia.
Leonardo e Sara sanno che sono presente se hanno bisogno. E come da tradizione per noi donne, spesso rappresento il tramite delle richieste da fare al loro padre. Sono la consigliera sulle malattie, sui rimedi per i malumori, sulle ricette di cucina.
Ogni Natale si discute con chi vanno trascorsi i pranzi e le cene, le domeniche con chi si condividono, chi telefona poco e chi si dimentica gli auguri di compleanno.
Insomma una famiglia quasi normale!